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venerdì 27 gennaio 2017

Come valutare un lapbook: un esempio di griglia (adatta anche per cartelloni, ricerche, ecc.. ,)


Indicatori
Avanzato
Intermedio
Base
Iniziale
Aspetto grafico e organizzazione dei contenuti
ll lapbook ha un aspetto estremamente attraente e le informazioni sono
organizzate in maniera chiara e pertinente
Il  lapbook ha un aspetto attraente le informazioni sono ben organizzate
Le informazioni del lapbook sono abbastanza organizzate e corrette
Le informazioni del lapbook sono  frammentarie e disorganizzate
Contenuti e accuratezza
Tutte le attività del lapbook sono ben organizzate e complete
La maggior parte delle attività del lapbook sono organizzate e complete
Più della metà delle attività del lapbook sono ben organizzate
Le attività del lapbook non sono organizzate
Conoscenze acquisite
Lo studente  è in grado di rispondere con precisione a  tutti i contenuti  del lapbook.
Lo studente è in grado di rispondere con precisione alla maggior parte dei contenuti del lapbook.
Lo studente è in grado di rispondere adeguatamente sui contenuti  del lapbook
Lo studente è in grado di rispondere sulle attività con l’aiuto di domande guidate

150 metodi di insegnamento

dal “Center for Teaching and Learning” dell’Università di Charlotte (North Carolina - USA)    
150 metodi diversi per creare lezioni non frontali  e relative prove di verifica

1.Lezione espositiva  dell’  insegnante (e che altro si può fare?)
2. Discussione in classe condotta dall’ insegnante (e che altro?)
3. Interrogazioni orali dell’ insegnante e  risposte orali degli studenti (Allora  cosa?)
4. Gruppi di discussione condotti da studenti selezionati (sì,e che altro?)
5. Lezione frontale - dimostrazione dal maestro (e poi cosa altro 145 tecniche!)
6. Lezione frontale manifestazione di un altro istruttore di un campo speciale (oratore ospite)
7. Presentazione di un gruppo di docenti e studenti
8. Presentazione di pannelli degli  studenti della classe: classi invitate a partecipare
9. Rapporti/relazioni  di singoli studenti della classe
10. Rapporti/relazioni  di un gruppo di studenti  della classe
11. Dibattito (informale) su temi di attualità da parte degli studenti della classe
12. Discussioni di classe condotti da un singolo studente o  gruppo
13. Forum
14. Bacheche
15. Piccoli gruppi come compito orientato,di  discussione, socratico
16. Lavori di gruppo
17. Raccolta/collezione;
18. Assegnazioni dal  Libro di testo
19. Assegnazione di compiti  di lettura su riviste, monografie, ecc
20. Incarico di relazionare  su   lettura in libri supplementari
21. Incarico di sottolineare  porzioni del libro di testo
22. Compito di sottolineare  alcune letture supplementari
23. Debate (formale)
24. Cruciverba
25. Preparazione  cibi  e ricette di luoghi studiati
26. Costruzione di liste di vocaboli
27. Esercitazioni sul lessico
28. Diari
29. Danze di luoghi o periodi di studio
30. Costruzione di sintesi da parte degli studenti
31. Vestire dei pupazzi
32. Saggi/prove scritte  obbligatorie entro una certa data
33. Dibattiti
34. Ricerche biografiche  preparate  dagli studenti
35. Rapporti su studi di ricerca pubblicati ed esperimenti di alunni
36. Ricerca in  biblioteca su temi o problemi
37. Tesine scritte  da studenti
38. Bandiere
39. Mappe  realizzate con la tecnica del  puzzle
40. “Hall of Fame” per argomento o epoca (personaggio militare o politico)
41 Favole flanella
42. L'uso del pre-test
43. Gioco e simulazione
44. Flash carte
45. Diagrammi di flusso
46. ​​Interviste
47. Mappe, lucidi, globi
48. Classe scomposta
49. Lezioni audio-tutoriali (istruzione individualizzata)
50. Modellini/Plastici
51. Musica
52. Gite/Uscite didattiche
53. Drammatizzazione, gioco di ruolo
54. Studio di “Open Book”
55. –Progetti a  piccoli gruppi
56. Uso del quaderno
57. Murales e collage
58. progetti di classe
59. Singoli progetti
60. Giochi a quiz
61. Realizzazione di modelli  in vari materiali
62: Amici di penna
63. Fotografie
64. Esperimenti di laboratorio eseguite da più di due studenti che lavorare insieme
65. L'utilizzo di drammatizzazione, scenette, giochi
 66. Costruzione  di diagrammi o grafici da parte degli studenti
67. Realizzazione di manifesti da parte degli studenti
68. Gli studenti disegnano  immagini o cartoni animati  relativi a  principi o fatti
69. Problem Solving o  studi di un  caso
70. Marionette
71. L'uso della lavagna  come aiuto nell'insegnamento
72. L'uso di diagrammi, tabelle, grafici e tabelle da parte del docente
73. L'utilizzo di mostre ed esposizioni
74. Riproduzioni
75. Costruzione di mostre ed esposizioni da parte degli studenti
76. L'utilizzo di diapositive
77. L'uso di pellicole
78. L'uso di film, film didattici, videocassette
79. L'utilizzo di immagini di teatro in movimento
80. L'utilizzo di registrazioni
81. L'uso di programmi radiofonici
82. L'uso della televisione
 83. Giochi di  Ruolo
84. Tabelle di sabbia
85. Gemellaggi  tra  scuole
86. Illustrazioni verbali: uso di aneddoti e parabole per illustrare
87. Progetti di servizio
88. Francobolli, monete e altri hobby
89. L'uso delle risorse  risorse e della comunità
90. Story telling
91. indagini
92. Tutoring e peer education: studenti  che aiutano  ad altri studenti di assistenza attività tra  pari
93. Coaching: assistenza speciale prevista per gli studenti che hanno difficoltà
94. Relazioni orali
95. Associazione di parole
96. Cartelle di lavoro
97. Utilizzo di  casi di studio riportati in letteratura per illustrare  principi psicologici  e fatti
98. Costruzione di album
99. Applicazione di semplici tecniche statistiche di dati di classe
100. Linee  del  tempo
101. Tecniche di "dinamiche di gruppo"
102. Unità didattiche organizzate per argomento
103. Tecniche non direttive applicate in classe
104. Studio supervisionato della  classe per un determinato periodo
105. L'utilizzo di testo sociometrico per fare analisi sociometriche  di classe
106. Uso della tecnologia e risorse  didattiche
107. Prove aperte dai libri di testo, prove da fare a casa
108. Idee da  trasformare in  immagine
109. Scrittura di  una didascalia per  una tabella, un'immagine o un cartone animato
110. Lettura a voce alta
111. Assegnazione differenziata di  compiti a casa
112. Raccontare un viaggio
113. Sfide e competizioni
114. Compilazione di moduli (imposta sul reddito, assegni)
115. Preparare un  editoriale per il giornale della scuola
116. Partecipare alla riunione di consigli e comitati studenteschi
117. Scambio di "cose"
118. Preparazione di annunci
119. Partecipazione ad elezioni
120. Riproduzione e ascolto  di musica da altri paesi
121. Studio della storia locale
122. Ricerca  dei cittadini più anziani come risorsa (fonte orale)
123. Scambio con  studenti stranieri
124. Ottenere materiali gratuiti o a basso costo
125. Raccogliere vecchie riviste
126. diapositive Collect colorati
127. Visita di un ristorante "etnico"
128. Specializzarsi in un paese
129. Seguire un leader mondiale (attraverso i media)
130. Visita un'agenzia di collocamento
131. Inizia una campagna
132. Eseguire una sequenza
133. Indagare su una vita
134. Assistenza ad  un immigrato
135. Volontariato (tutoring, ospedale)
136. Preparare una mostra
137. Fare propaganda
138. Partecipa re ad un'organizzazione
139. Raccogliere denaro per una causa
140. Eleggere un "Hall of Fame" per i maschi
141. Eleggere un "Hall of Fame" per le femmine
142. Costruire una mappa con la pasta di  sale
143. Realizzare una recita
144. Preparare la presentazione per un  gruppo
145. Invitare un  anziano per presentare la storia locale alla classe, compresa esposizione di  manufatti (abbigliamento, attrezzi, oggetti, etc.)
146. Preparare giornale finto sul tema o un'epoca specifica
147. Disegnare una mappa gigante
148. Ricerche su di un  sito archeologico locale
149. Programma di scambio con scuole provenienti da diverse parti dello Stato
150. Brainstorming in  piccoli gruppi.

giovedì 19 giugno 2014

DST: Re: 6. La valutazione della didattica e della comunicazione




 

Ecco le possibili voci per una rubrica – scheda di valutazione (anche autovalutazione)  di un prodotto di DST realizzato in modalità collaborativa. Per ogni voce il punteggio può essere espresso con i seguenti numeri: 5 (insufficiente) , 10 (sufficiente) , 15 (discreto/buono), 20 (eccellente), per un totale di 100 punti.

IMPEGNO

Si è impegnato nella creazione della storia utilizzando il proprio tempo con saggezza  e collaborando proficuamente e fattivamente in classe con gli altri membri del gruppo.

CAPACITA' INVENTIVA

Ha usato uno storyboard  o un altro visual organizer per progettare la storia, tenendo conto del feedback dei compagni e selezionando criticamente le proprie idee e gli spunti di riflessione. 

UTILIZZO DEI WEB TOOLS

E' in grado di utilizzare con sicurezza lo strumento informatico necessario alla creazione della storia digitale. 

ESECUZIONE

Ha adoperato immagini adatte per realizzare un prodotto originale e creativo. Ha utilizzato il suo tono di voce naturale e una colonna sonora ad hoc.

COMUNICAZIONE

Il messaggio è articolato con chiarezza  e racconta una storia avvincente e coinvolgente: lo spettatore è emotivamente partecipe.


mercoledì 15 febbraio 2012

“Se non vogliamo rimanere prigionieri solo di affermazioni di principio, dobbiamo saper dimostrare concretamente che l’educazione interculturale può e deve tradursi in forme organizzative e strategie didattiche di quotidiano lavoro e di costante impegno”

 

 

Una caratteristica dell'età contemporanea è il continuo flusso di migrazioni che dal Sud del mondo avanza verso il Nord e dall'Est verso l'Ovest a cui sono sottesi gravi problemi di sussistenza e di sopravvivenza, causati da povertà endemica o da scontri etnici che spingono esseri umani ad abbandonare le terre d'origine, dove ogni speranza di vita è vanificata, per affrontare viaggi della speranza alla ricerca di un posto per vivere e per crescere i  figli.

I Paesi ospiti sono messi a dura prova nella capacità di assorbimento degli immigrati sia dal punto di vista dell'accoglienza e della sistemazione, sia da quello dell'offerta di lavoro, tanto che affiorano sempre più in superficie episodi di xenofobia e razzismo oltre che di emarginazione e di ghettizzazione, che mettono in crisi ogni possibilità di pacifica convivenza.

La scuola è stata una delle prime istituzioni a farsi carico dell'arrivo degli immigrati e ad affrontare il problema, ponendosi come obiettivi  facilitare e favorire i processi di inserimento e di integrazione da un lato, educare ad una concezione interculturale dall'altro, superando posizioni etnocentriche ed eurocentriche, in vista di un'apertura alla diversità, intesa sempre più come risorsa e arricchimento.

Il concepire la diversità come valore irrinunciabile in una società multiculturale , quale è quella contemporanea, è un aspetto tipico dei testi programmatici della scuola di base, la quale si propone di educare " ad un atteggiamento mentale che superi ogni visione unilaterale dei problemi ed avvicini all'intuizione di valori comuni" a tutti gli uomini, contrastando il formarsi di "stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture", affinchè a tutti sia riconosciuto il "diritto inalienabile alla vita" nel "pieno rispetto della identità culturale, etnica e linguistica".

La formazione dell'identità personale è una delle finalità più care all'istituzione scolastica, ma esso è prima di tutto un concetto relazionale: il riconoscersi come individui nasce dal riconoscere l'altro come persona che ha propri "modi di essere". L'extrascuola molto spesso tende ad avere invece atteggiamenti di repulsione verso chi è diverso e a considerare la cultura dell'immigrato priva di dignità o comunque inferiore, desumendo tale convinzione dalle condizioni di svantaggio economico e linguistico degli extracomunitari o dal nefasto pensiero che la superiorità economica sia segno della superiorità della razza. La scuola, ove le culture si incontrano e si arricchiscono vicendevolmente, può essere positivo monito per l'extrascuola, ecco perché si deve puntare il più possibile alla formazione di un individuo che, al di là della cultura di appartenenza, sia capace di vivere in una società multietnica, multirazziale e multiculturale.

La nostra scuola va moltiplicando esperienza e proposte tese a sostenere l'inserimento degli alunni immigrati con progetti che riguardano iniziative di accoglienza e di conoscenza reciproca. Il momento dell'accoglienza è quello più importante: il bambino immigrato si trova immesso in un ambiente completamente estraneo, con cui spesso non è in grado di comunicare non conoscendo la lingua, ha bisogno di essere rassicurato, di sentirsi accettato, parte del gruppo. L'insegnante curerà particolarmente questi momenti, creando un clima sociale positivo, utilizzando forme di comunicazione non verbale, progettando un'azione didattica che sia flessibile, ma non improntata alla creazione di iniziative speciali né parallele.

La didattica dell'integrazione, deve mettere in luce le corrispondenze oltre che le differenze, cercando ciò che è comune accanto a ciò che è specifico: i campi di esperienza che si riferiscono alla globalità delle esperienze di vita di qualsiasi individuo, sono il terreno migliore su cui seminare. Ogni individuo al di là della latitudine o della longitudine del luogo di nascita struttura sistemi codificati di comunicazione, costituisce modi di rappresentazione dello spazio, instaura rapporti con l'ambiente, inventa sistemi non verbali di comunicazione, usa il proprio corpo per comunicare ed entrare in contatto con gli altri e impara a riconoscere le regole dei gruppi sociali. I "campi di esperienza" non essendo vincolati a contenuti standard, possono trovare infinito materiale tra le abitudini le tradizioni, le lingue, gli usi e i costumi di chi ha una cultura altra rispetto a quella del Paese ospite. Spetta all'insegnante regista allestire gli spazi in modo proficuo e all'insegnante animatore incoraggiare, suscitare occasioni continue di comunicazione, di reciprocità. Il campo di esperienza "i discorsi e le parole" hanno carattere trasversale, la lingua è strumento di pensiero e mezzo di comunicazione: la scuola deve essere un laboratorio linguistico permanente. Gli Orientamenti sottolineano la produttività della conversazione per piccoli gruppi, durante i quali attraverso giochi, narrazioni di fiabe o lettura di filastrocche, racconti di eventi condivisi o di esperienze personali si favorisce il parlare e lo stare insieme, il condividere. Il confronto linguistico promuove inoltre l'elaborazione di strategie di comunicazione, linguistica e non e la capacità di risolvere problemi di rapporti tra codici diversi, a vantaggio non solo dello straniero ma anche del bambini autoctono. Senza toccare tutti gli altri campi, si sottolinea comunque l'importanza di considerare il b. straniero non come un peso da affibbiare all'insegnante di sostegno linguistico e da relegare fuori dalla sezione: l'ambiente della scuola d'infanzia caratterizzato dal gioco come strumento di sviluppo cognitivo, sociale, affettivo e morale, è sicuramente più adattabile alle esigenze di ogni bambino diverso, nel caso specifico del bambino immigrato.

La scuola elementare è più rigida sul versante dei contenuti, sebbene il documento sui saperi essenziali ribadisce a chiare lettere la necessità di una scuola che impari ad imparare, più che di una scuola attenta ai soli saperi. La preparazione culturale deve essere funzionale all'inserimento attivo e partecipe nella società e, sempre più, è sentita l'esigenza di una cultura che sia anche competenza professionale. Se questo discorso è più specifico per gli  istituti superiori, non mi sembra fuori luogo  concepire il sapere nella sua accezione di spendibilità sin dalla scuola di base. Quando pensiamo al bambino straniero, il più delle volte già emarginato nella vita extrascolastica di tutti i giorni, relegato in quartieri che sempre di più diventano ghetti, svantaggiato dal punto di vista socio-economico non cerchiamo di acculturarlo, infarcendolo della nostra cultura, ma diamo a lui quegli strumenti che gli serviranno per inserirsi in un paese straniero: una conoscenza funzionale della lingua italiana, veicolo per appropriarsi di tutte quelle conoscenze che lo renderanno uomo e cittadino libero. Se l'ambito antropologico deve essere un discorso intorno all'uomo , alla storia della sue evoluzione sociale, del suo rapporto con il territorio, delle sue istituzioni, non è forse più giusto proporre all'immigrato dei contenuti, mezzi di conoscenza, più vicini alla sua cultura che non a quella eurocentrica? E gli esempi potrebbero continuare per mostrare la possibilità da parte del team docente di innestare un percorso individualizzato all'interno di quello più generale e di prendere spunti dalla cultura del bambino straniero per arricchire le conoscenze di tutto il resto della classe. Vorrei sottolineare quanto la creazione di un clima positivo all'interno della classe sia importante, non dimentichiamo mai che i bambini, tutti, si vedono come gli altri li vedono e che l'insegnante è per i bambini un adulto significativi che essi tendono a imitare: se è l'insegnante che per primo  la prontezza e l'apertura ad accogliere e comprendere culture diverse, anche i bambini sapranno farlo, tanto che la presenza di chi è diverso diventerà preziosa e irrinunciabile, nella consapevolezza che  a questo mondo siamo tutti uguali nell'essere diversi.

La scuola offre ai bambini con disabilità adeguate opportunità educative, realizzandone l’effettiva integrazione secondo un articolato progetto educativo e didattico che costituisce parte integrante della programmazione.

 Attenzione!! Tema da aggiornare con le recenti normative sull’inclusione, indicazioni nazionali, competenze 

 

"Accogliere il deficit e ridurre l'handicap" a scuola , affermava A. Canevaro, ma che differenza passa tra deficit e handicap?. E che cosa significa tale affermazione?

Quando si parla di handicap si parla di un individuo che presenta difficoltà permanenti, di competenza specialistica, riconducibili a un deficit di varia natura: fisico, psichico, mentale, sensoriale. Il deficit ha quindi una valenza oggettiva, essendo la menomazione chiaramente riscontrabile, l'handicap, invece, è determinato da come l'individuo portatore di deficit, vive la sua situazione, in rapporto alla società, alla scuola, alla famiglia.

Mentre il deficit difficilmente è recuperabile, poiché non è una malattia da cui poter guarire, l'handicap può essere aumentato, ridotto o anche annullato, per questo la scuola del terzo millennio, superato l'inserimento selvaggio degli a. '70, ha deciso di porre in atto concrete forme di integrazione.

La nostra società ha compiuto notevoli progressi nel modo di concepire e di rapportarsi al disabile, ma sebbene i tempi del Monte Taigeto e della Rupe Tarpeia siano molto lontani, le conquiste fondamentali sono estremamente recenti.

Bisogna attendere la seconda metà degli a. '70 (L.517/77) per assistere all'abolizione delle scuole speciali e delle classi differenziali, optando per l'inserimento degli handicappati nelle classi comuni delle scuole elementari e medie e il 1982 (L.270/82) per estendere tale principio alla scuola materna, ma se il motti "tutti uguali, tutti insieme" aveva contribuito ad avanzare verso una scuola democratica, a quest'ultima non erano stati forniti gli strumenti per esplicarsi come tale, tanto che il risultato fu quello dell'emarginazione intramurale del portatore di handicap.

La vera svolta, a proposito della questione dell'handicap, si è avuta con la L. 104/92 che ha superato il concetto di inserimento a favore di quello di integrazione affinchè anche per l'handicappato siano fatti salvi i diritti all'educazione e all'istruzione e che ha chiamato a collaborare con le istituzioni scolastiche gli Enti Locali e le A.S.L., oltreché le famiglie.

Il 24 febbraio 1994 e stato emanato con D.P.R. l'Atto di indirizzo e coordinamento in riferimento ai compiti delle A.S.L. in materia di alunni H.

In questo provvedimento vengono definiti i compiti delle A.S.L. relativamente agli strumenti di identificazione e conoscenza dell'alunno h, affinchè sia possibile garantirgli i diritti alla salute, all'assistenza, all'educazione e all'istruzione: si tratta della certificazione medica, della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale (P.D.F.) e del piano educativo individualizzato (P.E.I.).

Su segnalazione dei servizi di base, la persona h viene presentata ad un'équipe della A.S.L. che provvede, attraverso la diagnosi medica,  ad accertare le cause e le conseguenze del deficit  ed ad individuare, attraverso la diagnosi funzionale, le aree di potenziale sviluppo e le carenze del soggetto affinchè possa essere elaborato un progetto educativo di apprendimento individualizzato da parte degli operatori sanitari della A.S.L. , del personale insegnante curricolare e di sostegno della scuola, in collaborazione con i genitori.

Con la L. 104/92, inoltre, sia a livello provinciale (G.L.I.P.), sia a livello di Circolo o di Istituto si istituiscono i Gruppi di studio e di lavoro con il compito di promuovere progetti a livello provinciale e gestiti dai vari servizi, come pure di predisporre iniziative educative e didattiche nell'ambito delle scuole di Circolo , utilizzando le risorse territoriali in collaborazione con i Comuni.

Per quanto riguarda il compito degli insegnanti di integrare l'handicappato in classe o in sezione, volendo superare la concezione del mero inserimento fisico è necessario realizzare il massimo raccordo tra piano di lavoro di classe e di istituto e la programmazione individualizzata per l'allievo portatore di deficit. Bisogna evitare il rischio di tradurre il P.E.I. in splendido strumento di emarginazione riducendolo a una sequenza di apprendimenti da conseguire senza relazioni con la programmazione didattica annuale elaborata per i compagni. Gli insegnanti, tutti, non solo quello specializzato, sono chiamati a organizzare in modo flessibile l'azione formativa, adeguandola alle esigenze di ciascuno attraverso un percorso didattico duplice: partendo da un'analisi degli obiettivi didattici della programmazione di classe/sezione vanno selezionati quelli adatti alle potenzialità dell'alunno h da riprendere nel P.E.I. ; d'altra parte, prendendo le mosse dagli obiettivi enucleati nel piano individualizzato, si deve prevedere quali di questi ultimi possano essere ripresi nella programmazione di tutta la classe/sezione.

In questo modo la scuola realmente opera nella prospettiva interazionista, riconoscendo il bambino h nella classe, inserito come interlocutore partecipe, attivo, che lavora con gli altri b. e si sente parte di un gruppo, bambino tra i bambini.

A supporto di tale concezione sia gli obiettivi educativi didattici generali del profilo sia quelli didattici specifici del P.E.I. operano nell'ottica di una maturazione il più possibile armonica e concreta, considerando l'h nella totalità della sua persona e nei differenti momenti di vita.

La legge quadro sull'h, inoltre, ribadisce il diritto all'educazione e all'istruzione della persona con deficit, e precisa che tale diritto si traduce nello sviluppo di potenzialità  a livello di apprendimento, di comunicazione, di relazione e di socializzazione.

Per questo motivo i docenti, curricolari e di sostegno, oltre a raccordare in modo opportuno gli obiettivi di apprendimento di classe a quelli del bambino h e viceversa, nell'organizzazione e nella conduzione di percorsi didattici integrati, devono sempre tenere presente che la socializzazione è connessa all'apprendimento e che, d'altra parte, non si può entrare in relazione con i compagni se mancano argomenti di dialogo: proporre al portatore di deficit un contenuto del sapere identico a quello della classe /sezione, se pur semplificato, favorisce da un lato l'ampliamento delle conoscenze e dall'altro introduce un tema di conversazione comune a quello dei coetanei, sicuramente utile a favorire l'integrazione sociale.

La Premessa ai Programmi della scuola elementare rammenta che l'obiettivo dell'integrazione e la culturalizzazione oltre che la socializzazione, perché la socializzazione futura è strettamente collegata alla cuturalizzazione , tanto che ogni forma di apprendimento che il bambino acquisterà nella scuola gli sarà di immensa utilità per la sua vita sociale, fuori dalla scuola, perché un altro grande obiettivo che la scuola deve raggiungere nel caso dell'h è l'acquisizione di autonomia, che libera il bambino dalla dipendenza dagli altri e dall'emarginazione sociale, la conquista del "far da sé" che può iniziare da funzioni assai semplici e progredire a livelli più ampi, per quanto è possibile.

Nei nuovi Orientamenti la riflessione sui bambini in difficoltà, oltre alla chiara enunciazione nel paragrafo ”Diversità e integrazione”, percorre tutto il testo: nella parte generale in relazione ai complessi fenomeni della nostra società e ai riflessi

Mc. Luhan  definisce complessa l'attuale società perchè sottoposta a innumerevoli fattori che interagiscono modificandola velocemente e radicalmente, tanto che l'individuo finisce per perdersi in essa, per smarrirsi, quasi incapace di ravvisarvi valori e credi incrollabili. Molti dei cambiamenti economici, tecnologici e geopolitici hanno portato alla convivenza di una pluralità di valori, lingue e comportamenti e a cambiamenti di strutture sociali (in primis quella familiare) talmente rapidi e profondi che l'uomo, cittadino del villaggio globale, si sente estraneo ad una società di cui non riesce a sentirsi artefice. La nostra società se per certi versi si configura come carica di aspetti negativi, reca però in sé conquiste importanti: è certamente meno ingiusta poiché afferma a di tutti i cittadini, più tollerante in quanto aperta alle diversità, più libera anche se più vecchia, tanto che i giovani sono "merce" molto rara e preziosa.

Per tutti questi motivi è via via divenuta più forte l'esigenza di una particolare attenzione alla scuola, dove i giovani si formano per divenire artefici della società, perché se la società è madre della scuola, ne è anche figlia.

Ecco quindi delinearsi con i nuovo Orientamenti una scuola che sin dall'infanzia è attenta alle esigenze di ciascuno, tesa a valorizzare e potenziare le doti personali, a promuovere l'integrazione e a sostenere l'interculturalità: insomma una scuola attenta alle diversità, intendendo con questo termine lo svantaggio socio-culturale, l'handicap, i bambini extracomunitari così come i superdotati, i creativi e i divergenti, che proprio perché diversi vivono in una situazione di difficoltà.

Compito di una scuola democratica, che sia di tutti e per ciascuno, è quello di integrare le diversità facendo leva sul concetto dell'uguaglianza nella diversità. La scuola dei nuovi Orientamenti ha recepito come ricchezza la diversità e si impegna a non rimuoverla o a giudicarla per non incrementare l'insuccesso scolastico culminante nell'abbandono; si adopera invece per considerarla in vista del diritto allo studio e delle pari opportunità che si realizzano non trattando tutti allo stesso modo, ma offrendo a ciascuno un aiuto proporzionato alle proprie reali necessità, garantendo l'uguaglianza non delle opportunità di accesso, ma di riuscita. Alla base di questa apertura c'è un concetto di sviluppo che non può più tenere fede alle concezioni rigide e stadiali: l'insegnante, professionista, deve saper progettare e osservare; deve essere aperto ai cambiamenti di itinerario, deve essere in grado di considerare l'imprevisto e l'errore. L'apprendimento non è semplice elaborazione di informazioni date, ma è "imparare ad imparare", così come la società richiede.

All'interno di una visione sistemica, i nuovi Orientamenti non tralasciano di partire da una concezione dell'intelligenza anch'essa sistemica, caratterizzata cioè dalla interazione di elementi genetici, ambientale e socio-culturali e dalla presenza di stili diversificati, cioè di strategie e modalità di funzionamento molteplici e diversi. Oggi la scuola, sin da quella dell'infanzia, non può prescindere dal considerare l'esistenza di stili cognitivi diversi, di differenti modalità di apprendere, di "intelligenze multiple", anzi da qui deve partire per cogliere e valorizzare le differenze senza giudizi morali, dando di più a chi ha di meno, evitando di proporre percorsi che richiedano l'intervento di strategie mentali tipiche di un solo stile di e che penalizzerebbero chi non ne è dotato. Innegabilmente alla base dei presenti testi programmatici per la scuola dell'infanzia sono presenti Bruner e Gardner che incidono un profondo segno in quel grado di scuola, che, pur non essendo obbligatorio, è oggi fortemente intenzionale e finalizzato.

L'insegnante regista e organizzatore di opportunità educative e di apprendimento, ha come mezzo la programmazione educativa e didattica, con cui realizza una scuola che deve tenere conto delle diversità  e perciò anche delle difficoltà di certi soggetti, sicuro del fatto che l'alunno medio non esiste. Con la programmazione è possibile sia fare una scuola su misura, come anticipava Claparède, tenendo presenti non solo i prerequisiti di ciascuno, gli eventi effettivi che arricchiscono e connotano le esperienze, anche di apprendimento, di ogni bambino, potendo così intervenire in modo mirato e con percorsi individualizzati e finalizzati a rendere la scuola di tutti e per ciascuno, sia, nella fase intermedia, valutare se i percorsi messi in atto siano quelli giusti o se sia necessario modificare quanto si è progettato, visto che la flessibilità è una irrinunciabile caratteristica dell'insegnante e della sua attività programmatoria. L'osservazione, naturalistica e sistematica è un altro degli strumenti dell'insegnante, che deve tenere conto delle cause, tanto diverse, alla radice delle difficoltà dei bambini di una sezione: non soltanto quelle legate al deficit e che comportano l'handicap, ma anche cause legate a svantaggi culturali o talvolta affettivi, a problemi di comportamento, a diversità legate a patrimoni culturali extraeuropei o legati a intelligenze divergenti. Per ognuna di esse l'approccio non è identico, come si è detto, ma mirato, personalizzato. Ad esempio, nel caso di bambini con problemi di linguaggio poco sviluppato o meglio con un codice linguistico ristretto, è indispensabile intervenire in modo tempestivo, puntando su un'intensa attività linguistica (parlare, raccontare…) anche con l'ausilio di attività grafico – pittoriche o drammatico – teatrali. Il bambino che deve imparare a raccontare e a comunicare in modo corretto e comprensibile, pian piano utilizzerà termini a lui nuovi, ma più precisi e adatti, ottenendo di volta in volta piccoli, ma gratificanti successi, fondamentali per rafforzare l'autostima e per far sì che la motivazione ad imparare non diminuisca, allontanando così lo "spauracchio" di un probabile futuro abbandono. Nel caso del bambino portatore di handicap, l'intervento individualizzato, da non confondere con situazioni di isolamento in sezione, è elaborato attraverso una procedura ribadita dalla L. 104/92 che prevede non solo una fase diagnostica elaborata da un'équipe medica, ma anche la collaborazione di assistenti sociali, insegnanti di sostegno, famiglie ed enti locali, affinchè non si attui un inserimento selvaggio, ma si realizzi un'effettiva compenetrazione tra la programmazione di sezione e quella individualizzata, come ribadiscono i nuovi Orientamenti. Pensiamo pio alla condizione di difficoltà di inserimento e di integrazione di coloro che, pur essendo bambini, vivono situazioni di emarginazione sociale a causa del colore della pelle, della lingua o della religione. Anche in questo caso è importante modellare interventi "ad hoc", che non creino degli sradicati, dei senza cultura, ma che nel pieno rispetto dell'identità culturale, mirino a creare un clima sociale positivo, di reciprocità, in vista della realizzazione di quell'interculturalità fatta di scambio osmotico tra culture da cui deriva un arricchimento biunivoco.

L'unico mezzo per far sì che nessuno degli adulti di domani si perda nella società della complessità, ma si senta parte e artefice consapevole di essa è dargli oggi la possibilità di valorizzare le proprie potenzialità, realizzando il diritto allo studio e la vera democraticità della scuola.

Perché e come educare alla creatività nella scuola materna/elementare.

 

 

Da sempre il termine creatività richiama alla mente il genio dell'artista, l'estro fantastico e immaginativo di creazioni originali, poeti maledetti o pittori incompresi e pazzoidi.

La scuola dei Programmi Ermini degli a. '50 infatti trattava di creatività promuovendo a tale scopo le attività espressive, uniche in grado di risvegliarla o stimolarla e faceva riferimento al disegno del sabato o ai lavoretti prodotti dagli alunni per particolari ricorrenze trattando di strumenti.

Fu Guilford, sempre negli a. '50 a parlare di pensiero divergente e produttivo riferendosi alla creatività e distinguendolo dal pensiero convergente e riproduttivo: l'uno attento a ricalcare percorsi di conoscenza già tracciati per giungere ad una meta in realtà prevista e un po' scontata, l'altro alla ricerca di nuove strade, di ulteriori e sorprendenti opzioni per giungere a soluzioni originali e un personali.

La scuola del passato, selettiva e magistrocentrica, ha promosso e favorito un comportamento cognitivo di tipo riproduttivo: l'insegnante è depositario del sapere universale e lo trasmette affinchè tale e quale venga riferito, copia fedele dell'originale. Anche i risultati dei test di intelligenza del Binet posizionavano ai primi posti coloro che erano dotati di pensiero convergente, considerandoli perciò più intelligenti di quelli che, dotati di pensiero divergente, arrivavano sempre gli ultimi.

La scuola tuttavia non è un istituto astorico: essa vive nella storia e nella società, risentendo dei mutamenti di esse e cercando di rispondere in modo adeguato alle domande che di volta in volta le si rivolgono. La società del nostro tempo è definita complessa dal sociologo Mc. Luhan perché ricca di innovazioni tecnologiche, caratterizzata da un coacervo di razze, lingue, culture conseguenze di sempre più intensi flussi migratori, incerta di fronte a una pluralità di valori a volte contrastanti, in perenne, continuo mutamento. L'individuo partecipe di un siffatto tipo di società deve ricevere dalla scuola gli strumenti con cui interagire con essa: deve essere un uomo e un cittadino partecipe e attivo, capace di  comprendere il mondo che lo circonda e di innestarvisi in maniera fattiva, deve poter essere messo in condizione di interpretare i messaggi pluriformi che caratterizzano la cultura del nostro tempo per divenirne artefice e produttore egli stesso, consapevole delle sue scelte di vita.

La scuola nata dai Programmi '85 è la risposta alla società attuale, dunque ed è la scuola della programmazione curricolare, della valutazione formativa, delle discipline, dell'imparare ad imparare", della flessibilità, dell'educazione permanente…

E' una scuola né magistrocentrica né puerocentrica, essa, per dirla con Frabboni, è culturocentrica: la cultura è mezzo di conoscenza, di formazione, di crescita; l'insegnante è mediatore tra i sistemi simbolico culturali e il soggetto che apprende. Essa è la scuola sorta dalla spinta della pedagogia bruneriana, attenta agli stili cognitivi di ciascuno affinchè sia garante del diritto non solo di accesso, ma anche di uscita e di riuscita a scuola, è imperniata sull'individualizzazione dei metodi di insegnamento attraverso la diversificazione degli interventi, è la scuola che rispetta le diverse intelligenze (Gardner)  ed è la scuola del pensiero divergente.

I PP.'85 dedicano un paragrafo al pensiero creativo, a quella capacità che Bruner definisce " arte di combinare magicamente gli elementi" della conoscenza affinchè essa sia incoraggiata ed educata a scuola. La creatività non è fantasia, è capacità di trovare soluzioni originali, nuove da destare sorpresa, non è genio innato, è abilità che può essere appresa proprio come una forma mentis, un modo di pensare e di progredire nella conoscenza.

Il pensiero creativo o divergente o produttivo non è contrastante o invalidante il pensiero convergente e riproduttivo né la creatività è da considerarsi qualità opposta alla razionalità.

Il pensiero razionale anzi è il mezzo per riprodurre nella mente, in maniera ordinata e consequenziale la realtà, lo strumento per sistemarla e conoscerla; il pensiero creativo, che secondo Bruner si serve dello stesso metodo dello scienziato, è lo strumento per rispondere in modo sempre diverso eppure sempre adeguato, per trovare soluzioni nuove a problemi, per proporre scelte originali, per intraprendere percorsi imprevedibili. E questa vicinanza, o meglio parallelismo del pensiero creativo al pensiero dello scienziato non deve sorprendere troppo. Se pensiamo solo per un momento ai grandi artisti del passato, ci renderemo conto che il loro essere "grandi" consisteva proprio nel loro modo originale, inusuale, sorprendente di leggere la realtà, nella scelta di tecniche sempre più efficaci ma oltremodo personali di interpretare e tradurre la società e la vita che pullulavano loro  attorno.

E' proprio questa motivazione a spingersi oltre il già visto, il già seminato, questa voglia di conoscere e apprendere, di mettere alla prova e sperimentare le proprie possibilità per autovalutarsi, per rafforzare la coscienza di sé e la propria autostima il risultato a cui vuole tendere il paragrafo dei PP'85 a cui prima si è fatto riferimento.

Comparsi successivamente gli Orientamenti '91 affrontano l'argomento creatività nel capitolo dedicato al campo di esperienza "Messaggi, forme e media" in cui si afferma la necessità di avviare il bambino sin dalla scuola materna a una fruizione critica dei messaggi da cui è investito, affinchè si possa "porre le basi per una creatività ordinata e produttiva".

Spetta comunque all'insegnante regista e animatore il compito di allestire e organizzare spazi e attività, motivare, suscitare, spingere, attraverso la relazione educativa una buona impostazione dell'intelligenza creativa.

Favorendo un clima sociale positivo in classe, facilità di comunicazione fra e con i bambini, si gettano le basi per la sua sicurezza che gli nasce dal sentirsi ben accolto e accettato. Egli non avrà paura di raccontare le proprie esperienze o di esporre una sua idea né di partecipare alle attività ove deve agire in prima persona. Sin dalla scuola materna è possibile favorire lo sviluppo del pensiero divergente che deve essere comunque stimolato laddove non è tracciato senza tuttavia dimenticare le diverse potenzialità di pensiero di ciascun bambino e l'eterocronia dei loro apprendimenti.

Attività che sviluppano l'intelligenza creativa alla scuola materna sono ad esempio quelle relative alla narrazione di storie: dopo aver narrato gran parte di essa l'insegnante chiede che cosa succeda in seguito o quale sia la conclusione. Oppure possiamo proporre alla sezione un disegno ove sia ben comprensibile che cosa sia avvenuto e chiediamo che cosa stiano facendo i personaggi (es. un b. , una b. che piange con una bambola in mano): perché la b. piange? Che cosa sta facendo il b.? ( aiuta la bambina perché ha un atteggiamento sorridente o le tende le braccia oppure è stato lui a rompere la bambola perché ha lo sguardo indispettito e le mani chiuse in un pugno). I bambini faranno delle ipotesi anche analizzando la situazione del disegno, individuando gli elementi importanti (i dati della situazione problematica) e proveranno a raccontare. Se l'attività è finalizzata a suscitare la creatività l'insegnante cercherà di incoraggiare con rinforzi positivi e gratifiche qualora il b. si sforzi di essere originale, di non "copiare" quanto già detto e, nel momento del rinforzo, è bene non limitarsi a dire "bravo", "che bella storia", ma spieghiamo perché è stato bravo, in che cosa, aiutandolo a scoprire che cosa lo ha portato al successo. In questo modo egli non solo sarà gratificato dal risultato positivo, ma si sentirà artefice consapevole della propria riuscita.

Per quanto riguarda la creatività in campo espressivo, al di là del premiare con il rinforzo gli elementi originali e gli stili di ciascuno, escludiamo interventi emendativi volti alla stereotipia: se il b. disegna un cane con cinque zampe non mortifichiamolo dicendogli che non esiste, chiediamogli piuttosto perché lo ha fatto; quando gli assegniamo delle attività espressive libere o di rappresentazione di storie narrate o esperienze vissute, non sostituiamoci a loro, ma aiutiamoli a esprimere i loro progetti senza imporre il nostro stile e poi facciamo capire ai b. che non si è bravi per dote naturale, ma che con l'impegno e la costanza si può diventare creativi, in modo personale.

Attività più specifiche per la scuola elementare dovrebbero essere caratterizzate in modo tale da soddisfare l'assunto di Cropley che segue: "un curricolo volto alla promozione della creatività dovrebbe comprendere il perfezionamento delle seguenti capacità: scoprire le informazioni, trasformare le informazioni in sapere, porsi da sé degli obiettivi, valutare i risultati del proprio lavoro." Si può spaziare così da esercizi quali l'inventare il testo di un problema partendo dai dati assegnati, ricostruire la giornata di un borgo medievale, stabilire l'itinerario per arrivare a Londra ecc…

I bambini devono essere motivati alla formulazione di ipotesi in seguito ad una attenta valutazione dei dati, qualsiasi sia l'argomento (per es. dove si può mettere il cartellone affinchè sia visibile da tutti i b? come realizzare il lavoretto della festa della mamma?, come organizzare la festa di carnevale?

Ricordiamo sempre che la comunicazione serena e un ambiente adatto, che fornisca stimoli più favorevoli allo sviluppo dell'intelligenza. Se poi intendiamo l'intelligenza come capacità di adattamento a situazioni nuove, è evidente  che un ambiente fisso, sempre uguale a se stesso, non offre occasioni di apprendimento.

Un ambiente in cui prevalgono l'abitudine e l'omogeneità inibisce la capacità dell'individuo di modificarsi, atrofizza la sua modificabilità, nel senso che crea le condizioni per cui egli non avverte più l'esigenza di vigilare, di stare all'erta di fronte alla necessità di adattarsi all'ambiente.

Se scopo ultimo di tutto il processo educativo è rendere il b. autosufficiente ed autonomo, in altre parole capace di adattarsi a situazioni nuove, dobbiamo offrirgli un ambiente in cui egli sia costretto ad adattarsi, giorno dopo giorno, a qualcosa di nuovo.

Solo l'impatto con la novità, l'insolito, la complessità creeranno in lui il bisogno e la capacità di modificarsi. Un ambiente che ha paura delle novità si chiude e resta sempre uguale a se stesso è tossico per l'intelligenza e senza dubbio non garantisce un positivo inserimento nella società.

Come e perché organizzare un raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo tra le diverse scuole.

"Alla continuità è stato affidato il compito di garantire il diritto dell'alunno alla piena formazione (…). Un'azione educativa che sia finalizzata a consentire il conseguimento di tale prospettiva postula un progetto organico, completo, continuo, pur nel rispetto delle peculiarità di ciascuna scuola".

( D.M. 16/11/92 )

 

Uno degli argomenti più ricorrenti nel discorso pedagogico attuale è l'insistenza sulla continuità educativa e didattica necessaria alla scuola di base e tale da consentire lo sviluppo integrale e armonico del bambino. Lo sviluppo intellettivo dell'uomo è un percorso graduale e continuo e correlato allo sviluppo socio – affettivo a cui possono ledere contrasti o balzi: è importante, sottolinea Bruner nel proporre il modello educativo a spirale, salvaguardare la processualità nell'organizzazione degli apprendimenti, come pure è necessario, secondo la ricerca pedagogica, garantire al bambino uno sviluppo equilibrato ed armonico.

D'altra parte sull'istituzione di base grava uno storico frazionamento dovuto ad origini diverse per finalità e tempi delle scuole materne, elementari e medie e che tuttora permane per alcuni aspetti: pensiamo al fatto che la scuola materna non è ancora obbligatoria, che non esiste per essa una scheda di valutazione, pensiamo alla diversa formazione dei docenti dei tre livelli di scuola e a quanto questi ultimi differiscano negli orari e nella organizzazione.

Frabboni aborrisce questa frammentazione perché essa si riflette inevitabilmente e in modo negativo sugli utenti della scuola, i bambini, che vivono con disagio il passaggio da un tipo di scuola all'altro, talora imbattendosi in insuccessi scolastici che frequentemente li portano alla dispersione, mentre il compito della scuola, carico di valore sociale, è quello di accogliere ed educare, insegnare ad imparare e formare persone con profonde radici culturali e saldi valori in grado di vivere bene in una società complessa come quella attuale.

I testi programmatici sono decisamente all'avanguardia in fatto di continuità auspicandola e promuovendola "anche come raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo", d'altra parte questa convinzione era insita nello stesso concetto di ciclicità di Comenio e per quanto riguarda i contemporanei, Ausubel prospetta una "continuità dinamica della formazione", attuabile attraverso un progetto organico che partendo dai campi di esperienza del bambino attraverso curricoli a ciclo continuo, possa ripercorrere gli assi culturali e formativi sino a giungere alla differenziazione sistematica delle discipline.

Anche il Ministero ha recepito l'esigenza di dare unità al processo educativo dei tre livelli contigui di scuola, conservando in ognuno le specificità caratteristiche, onde evitare i rischi tipici della uniformità quali la tendenza all'appiattimento e alla semplificazione come pure il precoce ed esagerato scolasticismo.

La c.m. n°1/'88 che auspicava la continuità riguardo all'h viene considerata l'occasione mancata della scuola che non ha esteso la prassi specifica degli insegnanti di sostegno a tutto il corpo docente. Due anni dopo la L. 148/90, agli articoli 1 e 2 affidava alla scuola elementare il compito di raccordare i rapporti con materna e media in un'ottica di continuità e rinviava ad un successivo decreto la definizione delle forme e delle modalità di tale raccordo. Nel '91 sono stati creati dal ministero della P.I. i gruppi di lavoro per la continuità. Questi composti da un gruppo di esperti, hanno fornito le indicazioni, alla base del D.M. 16/11/'92 e della c.m. n°339/'92, per la realizzazione della continuità. Lo studio dei gruppi di lavoro suggeriva di partire dal passaggio di informazioni sul b. da un livello all'altro di scuola attraverso un dossier che raccogliesse i dati relativi alle competenze cognitive e alla capacità relazionale del fanciullo, in modo da avere un quadro completo delle potenzialità e delle difficoltà di ognuno. Un altro elemento di raccordo individuato dai gruppi di lavoro mirava a evidenziare le finalità educative a cui unitariamente la scuola, tutta, deve mirare; inoltre si auspicava l'armonizzazione dei metodi e l'unificazione del sistema valutativo.

La successiva c.m. 339/'92 suggeriva le possibili modalità di attuazione della continuità proponendo piani di intervento a vari livelli.

Il primo livello riguarda il coordinamento dei curricoli reso possibile solo da una conoscenza reciproca dei programmi tra i diversi gradi di scuola e dall'individuazione di obiettivi generali validi per tutta la durata dell'obbligo scolastico.  Questo livello può essere raggiunto con l'attività di collaborazione tra insegnanti delle scuole diverse ponendo in essere incontri e attività in comune specie per gli anni ponte e trovando il modo di conoscere non solo i programmi delle scuole contigue ma anche l'organizzazione dei loro spazi e tempi nonché i modi della verifica e della valutazione, attività queste previste durante la fase della programmazione di Circolo che va dal 1° settembre all'inizio delle lezioni. Ci sono però degli ostacoli che rendono difficile la fase programmatoria comune e sono legati ai diversi criteri di distribuzione delle ore da dedicare ai collegi docenti, agli aggiornamento ecc. per superarli sarebbe opportuno l'impegno a coordinare i tempi della programmazione a cui andrebbe dedicato un numero maggiore di ore soprattutto per le classi degli anni ponte. Inoltre sarebbe opportuno permettere la compresenza di insegnanti appartenenti ai diversi ordini di scuola, per esempio insegnanti elementari alla materna o alle medie, come già previsto dalla circolare n° 1 /1988: in questo modo concretamente i docenti verrebbero a conoscenza delle problematiche e delle caratteristiche di ciascuna scuola. Questo scambio di compresenze potrebbe essere reso possibile dal potenziamento dell'organico o ricorrendo alla figura dello psicopedagogista in ogni circolo didattico e in ogni presidenza. Infine si potrebbero programmare visite alla scuola elementare dei cinquenni e altrettanti alla scuola dell'infanzia da parte degli alunni di classe prima: per i primi sarebbe un'emozionante scoperta guidata, per i secondi un rassicurante viaggio nel passato.

Il secondo livello riguarda la costituzione di un fascicolo personale dell'alunno che raccolga la una adeguata documentazione sul suo rendimento scolastico, esiti di osservazioni sistematiche, interventi individualizzati e obiettivi raggiunti.

Il D.M. prevede inoltre che il fascicolo raccolga tutta la storia del b. acquisibile in collaborazione con le famiglie. Allo stato attuale delle cose però non esiste un modello nazionale del fascicolo la cui realizzazione è affidata al Collegio Docente che attraverso commissioni ne studiano l'elaborazione a livello locale. Inoltre per quanto riguarda il rendimento scolastico, esplicato dalle schede di valutazione, non si è tenuto conto che per la scuola materna non se ne prevede l'esistenza.

La c.m. 339/'92 auspicava inoltre la continuità a livello orizzontale che miri a valorizzare tutti i contesti di vita e di formazione dell'alunno resa possibile da proficui rapporti con le famiglie e gli enti locali, prospettando così l'utilizzo di strutture, quali palestre, biblioteche, laboratori disponibili sul territorio.

D'altra parte la scuola non è l'unica agenzia educativa, anzi all'interno di un sistema formativo policentrico essa non è che uno dei poli e deve lavorare in sinergia con tutte le scuole parallele del bambino (la famiglia, la palestra, la parrocchia, la scuola di danza, la televisione …) per raggiungere comuni obiettivi educativi.

Il tema della continuità dunque ha una duplice esigenza, quella di realizzarsi nel percorso formativo ricompattando il frammentario sistema scolastico e esplicarsi come integrazione, data per scontata la molteplicità culturale e istituzionale dell'esperienza educativa.

Sono due esigenze complementari e parimenti indispensabili per definire un sistema che eviti la frammentazione, la dispersione, la contraddittorietà del processo educativo e sia allo stesso tempo in grado di elaborare un'offerta formativa complessiva, di qualità elevata, capace di promuovere l'apprendimento e favorire in modo equilibrato lo sviluppo personale, culturale e sociale degli allievi.

 

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