Una caratteristica dell'età contemporanea è il continuo flusso di migrazioni che dal Sud del mondo avanza verso il Nord e dall'Est verso l'Ovest a cui sono sottesi gravi problemi di sussistenza e di sopravvivenza, causati da povertà endemica o da scontri etnici che spingono esseri umani ad abbandonare le terre d'origine, dove ogni speranza di vita è vanificata, per affrontare viaggi della speranza alla ricerca di un posto per vivere e per crescere i figli.
I Paesi ospiti sono messi a dura prova nella capacità di assorbimento degli immigrati sia dal punto di vista dell'accoglienza e della sistemazione, sia da quello dell'offerta di lavoro, tanto che affiorano sempre più in superficie episodi di xenofobia e razzismo oltre che di emarginazione e di ghettizzazione, che mettono in crisi ogni possibilità di pacifica convivenza.
La scuola è stata una delle prime istituzioni a farsi carico dell'arrivo degli immigrati e ad affrontare il problema, ponendosi come obiettivi facilitare e favorire i processi di inserimento e di integrazione da un lato, educare ad una concezione interculturale dall'altro, superando posizioni etnocentriche ed eurocentriche, in vista di un'apertura alla diversità, intesa sempre più come risorsa e arricchimento.
Il concepire la diversità come valore irrinunciabile in una società multiculturale , quale è quella contemporanea, è un aspetto tipico dei testi programmatici della scuola di base, la quale si propone di educare " ad un atteggiamento mentale che superi ogni visione unilaterale dei problemi ed avvicini all'intuizione di valori comuni" a tutti gli uomini, contrastando il formarsi di "stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture", affinchè a tutti sia riconosciuto il "diritto inalienabile alla vita" nel "pieno rispetto della identità culturale, etnica e linguistica".
La formazione dell'identità personale è una delle finalità più care all'istituzione scolastica, ma esso è prima di tutto un concetto relazionale: il riconoscersi come individui nasce dal riconoscere l'altro come persona che ha propri "modi di essere". L'extrascuola molto spesso tende ad avere invece atteggiamenti di repulsione verso chi è diverso e a considerare la cultura dell'immigrato priva di dignità o comunque inferiore, desumendo tale convinzione dalle condizioni di svantaggio economico e linguistico degli extracomunitari o dal nefasto pensiero che la superiorità economica sia segno della superiorità della razza. La scuola, ove le culture si incontrano e si arricchiscono vicendevolmente, può essere positivo monito per l'extrascuola, ecco perché si deve puntare il più possibile alla formazione di un individuo che, al di là della cultura di appartenenza, sia capace di vivere in una società multietnica, multirazziale e multiculturale.
La nostra scuola va moltiplicando esperienza e proposte tese a sostenere l'inserimento degli alunni immigrati con progetti che riguardano iniziative di accoglienza e di conoscenza reciproca. Il momento dell'accoglienza è quello più importante: il bambino immigrato si trova immesso in un ambiente completamente estraneo, con cui spesso non è in grado di comunicare non conoscendo la lingua, ha bisogno di essere rassicurato, di sentirsi accettato, parte del gruppo. L'insegnante curerà particolarmente questi momenti, creando un clima sociale positivo, utilizzando forme di comunicazione non verbale, progettando un'azione didattica che sia flessibile, ma non improntata alla creazione di iniziative speciali né parallele.
La didattica dell'integrazione, deve mettere in luce le corrispondenze oltre che le differenze, cercando ciò che è comune accanto a ciò che è specifico: i campi di esperienza che si riferiscono alla globalità delle esperienze di vita di qualsiasi individuo, sono il terreno migliore su cui seminare. Ogni individuo al di là della latitudine o della longitudine del luogo di nascita struttura sistemi codificati di comunicazione, costituisce modi di rappresentazione dello spazio, instaura rapporti con l'ambiente, inventa sistemi non verbali di comunicazione, usa il proprio corpo per comunicare ed entrare in contatto con gli altri e impara a riconoscere le regole dei gruppi sociali. I "campi di esperienza" non essendo vincolati a contenuti standard, possono trovare infinito materiale tra le abitudini le tradizioni, le lingue, gli usi e i costumi di chi ha una cultura altra rispetto a quella del Paese ospite. Spetta all'insegnante regista allestire gli spazi in modo proficuo e all'insegnante animatore incoraggiare, suscitare occasioni continue di comunicazione, di reciprocità. Il campo di esperienza "i discorsi e le parole" hanno carattere trasversale, la lingua è strumento di pensiero e mezzo di comunicazione: la scuola deve essere un laboratorio linguistico permanente. Gli Orientamenti sottolineano la produttività della conversazione per piccoli gruppi, durante i quali attraverso giochi, narrazioni di fiabe o lettura di filastrocche, racconti di eventi condivisi o di esperienze personali si favorisce il parlare e lo stare insieme, il condividere. Il confronto linguistico promuove inoltre l'elaborazione di strategie di comunicazione, linguistica e non e la capacità di risolvere problemi di rapporti tra codici diversi, a vantaggio non solo dello straniero ma anche del bambini autoctono. Senza toccare tutti gli altri campi, si sottolinea comunque l'importanza di considerare il b. straniero non come un peso da affibbiare all'insegnante di sostegno linguistico e da relegare fuori dalla sezione: l'ambiente della scuola d'infanzia caratterizzato dal gioco come strumento di sviluppo cognitivo, sociale, affettivo e morale, è sicuramente più adattabile alle esigenze di ogni bambino diverso, nel caso specifico del bambino immigrato.
La scuola elementare è più rigida sul versante dei contenuti, sebbene il documento sui saperi essenziali ribadisce a chiare lettere la necessità di una scuola che impari ad imparare, più che di una scuola attenta ai soli saperi. La preparazione culturale deve essere funzionale all'inserimento attivo e partecipe nella società e, sempre più, è sentita l'esigenza di una cultura che sia anche competenza professionale. Se questo discorso è più specifico per gli istituti superiori, non mi sembra fuori luogo concepire il sapere nella sua accezione di spendibilità sin dalla scuola di base. Quando pensiamo al bambino straniero, il più delle volte già emarginato nella vita extrascolastica di tutti i giorni, relegato in quartieri che sempre di più diventano ghetti, svantaggiato dal punto di vista socio-economico non cerchiamo di acculturarlo, infarcendolo della nostra cultura, ma diamo a lui quegli strumenti che gli serviranno per inserirsi in un paese straniero: una conoscenza funzionale della lingua italiana, veicolo per appropriarsi di tutte quelle conoscenze che lo renderanno uomo e cittadino libero. Se l'ambito antropologico deve essere un discorso intorno all'uomo , alla storia della sue evoluzione sociale, del suo rapporto con il territorio, delle sue istituzioni, non è forse più giusto proporre all'immigrato dei contenuti, mezzi di conoscenza, più vicini alla sua cultura che non a quella eurocentrica? E gli esempi potrebbero continuare per mostrare la possibilità da parte del team docente di innestare un percorso individualizzato all'interno di quello più generale e di prendere spunti dalla cultura del bambino straniero per arricchire le conoscenze di tutto il resto della classe. Vorrei sottolineare quanto la creazione di un clima positivo all'interno della classe sia importante, non dimentichiamo mai che i bambini, tutti, si vedono come gli altri li vedono e che l'insegnante è per i bambini un adulto significativi che essi tendono a imitare: se è l'insegnante che per primo la prontezza e l'apertura ad accogliere e comprendere culture diverse, anche i bambini sapranno farlo, tanto che la presenza di chi è diverso diventerà preziosa e irrinunciabile, nella consapevolezza che a questo mondo siamo tutti uguali nell'essere diversi.