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mercoledì 15 febbraio 2012

La scuola offre ai bambini con disabilità adeguate opportunità educative, realizzandone l’effettiva integrazione secondo un articolato progetto educativo e didattico che costituisce parte integrante della programmazione.

 Attenzione!! Tema da aggiornare con le recenti normative sull’inclusione, indicazioni nazionali, competenze 

 

"Accogliere il deficit e ridurre l'handicap" a scuola , affermava A. Canevaro, ma che differenza passa tra deficit e handicap?. E che cosa significa tale affermazione?

Quando si parla di handicap si parla di un individuo che presenta difficoltà permanenti, di competenza specialistica, riconducibili a un deficit di varia natura: fisico, psichico, mentale, sensoriale. Il deficit ha quindi una valenza oggettiva, essendo la menomazione chiaramente riscontrabile, l'handicap, invece, è determinato da come l'individuo portatore di deficit, vive la sua situazione, in rapporto alla società, alla scuola, alla famiglia.

Mentre il deficit difficilmente è recuperabile, poiché non è una malattia da cui poter guarire, l'handicap può essere aumentato, ridotto o anche annullato, per questo la scuola del terzo millennio, superato l'inserimento selvaggio degli a. '70, ha deciso di porre in atto concrete forme di integrazione.

La nostra società ha compiuto notevoli progressi nel modo di concepire e di rapportarsi al disabile, ma sebbene i tempi del Monte Taigeto e della Rupe Tarpeia siano molto lontani, le conquiste fondamentali sono estremamente recenti.

Bisogna attendere la seconda metà degli a. '70 (L.517/77) per assistere all'abolizione delle scuole speciali e delle classi differenziali, optando per l'inserimento degli handicappati nelle classi comuni delle scuole elementari e medie e il 1982 (L.270/82) per estendere tale principio alla scuola materna, ma se il motti "tutti uguali, tutti insieme" aveva contribuito ad avanzare verso una scuola democratica, a quest'ultima non erano stati forniti gli strumenti per esplicarsi come tale, tanto che il risultato fu quello dell'emarginazione intramurale del portatore di handicap.

La vera svolta, a proposito della questione dell'handicap, si è avuta con la L. 104/92 che ha superato il concetto di inserimento a favore di quello di integrazione affinchè anche per l'handicappato siano fatti salvi i diritti all'educazione e all'istruzione e che ha chiamato a collaborare con le istituzioni scolastiche gli Enti Locali e le A.S.L., oltreché le famiglie.

Il 24 febbraio 1994 e stato emanato con D.P.R. l'Atto di indirizzo e coordinamento in riferimento ai compiti delle A.S.L. in materia di alunni H.

In questo provvedimento vengono definiti i compiti delle A.S.L. relativamente agli strumenti di identificazione e conoscenza dell'alunno h, affinchè sia possibile garantirgli i diritti alla salute, all'assistenza, all'educazione e all'istruzione: si tratta della certificazione medica, della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale (P.D.F.) e del piano educativo individualizzato (P.E.I.).

Su segnalazione dei servizi di base, la persona h viene presentata ad un'équipe della A.S.L. che provvede, attraverso la diagnosi medica,  ad accertare le cause e le conseguenze del deficit  ed ad individuare, attraverso la diagnosi funzionale, le aree di potenziale sviluppo e le carenze del soggetto affinchè possa essere elaborato un progetto educativo di apprendimento individualizzato da parte degli operatori sanitari della A.S.L. , del personale insegnante curricolare e di sostegno della scuola, in collaborazione con i genitori.

Con la L. 104/92, inoltre, sia a livello provinciale (G.L.I.P.), sia a livello di Circolo o di Istituto si istituiscono i Gruppi di studio e di lavoro con il compito di promuovere progetti a livello provinciale e gestiti dai vari servizi, come pure di predisporre iniziative educative e didattiche nell'ambito delle scuole di Circolo , utilizzando le risorse territoriali in collaborazione con i Comuni.

Per quanto riguarda il compito degli insegnanti di integrare l'handicappato in classe o in sezione, volendo superare la concezione del mero inserimento fisico è necessario realizzare il massimo raccordo tra piano di lavoro di classe e di istituto e la programmazione individualizzata per l'allievo portatore di deficit. Bisogna evitare il rischio di tradurre il P.E.I. in splendido strumento di emarginazione riducendolo a una sequenza di apprendimenti da conseguire senza relazioni con la programmazione didattica annuale elaborata per i compagni. Gli insegnanti, tutti, non solo quello specializzato, sono chiamati a organizzare in modo flessibile l'azione formativa, adeguandola alle esigenze di ciascuno attraverso un percorso didattico duplice: partendo da un'analisi degli obiettivi didattici della programmazione di classe/sezione vanno selezionati quelli adatti alle potenzialità dell'alunno h da riprendere nel P.E.I. ; d'altra parte, prendendo le mosse dagli obiettivi enucleati nel piano individualizzato, si deve prevedere quali di questi ultimi possano essere ripresi nella programmazione di tutta la classe/sezione.

In questo modo la scuola realmente opera nella prospettiva interazionista, riconoscendo il bambino h nella classe, inserito come interlocutore partecipe, attivo, che lavora con gli altri b. e si sente parte di un gruppo, bambino tra i bambini.

A supporto di tale concezione sia gli obiettivi educativi didattici generali del profilo sia quelli didattici specifici del P.E.I. operano nell'ottica di una maturazione il più possibile armonica e concreta, considerando l'h nella totalità della sua persona e nei differenti momenti di vita.

La legge quadro sull'h, inoltre, ribadisce il diritto all'educazione e all'istruzione della persona con deficit, e precisa che tale diritto si traduce nello sviluppo di potenzialità  a livello di apprendimento, di comunicazione, di relazione e di socializzazione.

Per questo motivo i docenti, curricolari e di sostegno, oltre a raccordare in modo opportuno gli obiettivi di apprendimento di classe a quelli del bambino h e viceversa, nell'organizzazione e nella conduzione di percorsi didattici integrati, devono sempre tenere presente che la socializzazione è connessa all'apprendimento e che, d'altra parte, non si può entrare in relazione con i compagni se mancano argomenti di dialogo: proporre al portatore di deficit un contenuto del sapere identico a quello della classe /sezione, se pur semplificato, favorisce da un lato l'ampliamento delle conoscenze e dall'altro introduce un tema di conversazione comune a quello dei coetanei, sicuramente utile a favorire l'integrazione sociale.

La Premessa ai Programmi della scuola elementare rammenta che l'obiettivo dell'integrazione e la culturalizzazione oltre che la socializzazione, perché la socializzazione futura è strettamente collegata alla cuturalizzazione , tanto che ogni forma di apprendimento che il bambino acquisterà nella scuola gli sarà di immensa utilità per la sua vita sociale, fuori dalla scuola, perché un altro grande obiettivo che la scuola deve raggiungere nel caso dell'h è l'acquisizione di autonomia, che libera il bambino dalla dipendenza dagli altri e dall'emarginazione sociale, la conquista del "far da sé" che può iniziare da funzioni assai semplici e progredire a livelli più ampi, per quanto è possibile.

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