mercoledì 15 febbraio 2012

Misurazione e valutazione sono, elementi costitutivi del processo formativo.

Non c'è dubbio che uno degli argomenti più discussi e approfonditi degli ultimi anni sia la scuola e l'esigenza di un suo rinnovamento finalizzato a migliorare la qualità del servizio scolastico, a fronteggiare la dispersione scolastica e ad ovviare alla piaga nascosta dell'analfabetismo di ritorno. Le carte programmatiche, dalla Costituzione ai programmi di scuola media e quelli di scuola elementare, le leggi di riforma, i documenti Brocca, gli Orientamenti della scuola d'infanzia, mostrano il progetto di una scuola democratica in cui tutti dovrebbero imparare di più e meglio e la messa in atto della riforma Berlinguer, con il nuovo esame di stato, l'innalzamento progressivo dell'obbligo scolastico, il riordino dei cicli e l'autonomia scolastica rappresenta l'occasione per realizzarlo.

La scuola, attraverso l'individualizzazione dei saperi necessari per vivere e lavorare nel nostro tempo, potrà diventare il mezzo attraverso cui  tutte le ragazze e i ragazzi del nostro Paese saranno in grado di leggere e interpretare la realtà, diventando cittadini consapevoli e in grado di vivere e far vivere una democrazia. Ma le leggi da sole non bastano: la forza della scuola del secondo millennio è rappresentata dalla professionalità dei docenti.

La capacità di insegnare non è una dote nativa, i docenti sono dei professionisti pronti all'aggiornamento, alla sperimentazione, aperti al dialogo con il mondo della ricerca universitaria, forti di una cultura didattica centrata sull'analisi, sulla capacità di progettare la formazione in funzione di esigenze specifiche, sul controllo dei processi. Per far fronte all'esplosione scolastica e ai crescenti bisogni formativo – professionali si è passati da una visione "programmatica" tradizionale della strutturazione dei piani di studio ad una "curricolare" che meglio si adatta alle istanze di socializzazione e scientifizzazione del processo educativo scolastico e più pienamente riassume le tendenze al decentramento, alla partecipazione e all'autonomia gestionale della scuola nonché quelle alla razionalizzazione e tecnologizzazione dei processi di insegnamento – apprendimento.

La messa a punto di un curricolo, ossia di una organizzazione strategica delle modalità per favorire al massimo l'apprendimento e quindi la trasmissione, l'acquisizione e l'elaborazione delle conoscenze, richiede che si tengano presenti le situazioni di partenza (sia scolastiche che extrascolastiche), gli obiettivi cui si tende e i contenuti su cui esercitarsi; le procedure didattiche e le attrezzature ritenute adatte per l'apprendimento di quei contenuti e la messa a punto di un sistema di verifica e valutazione.

Di particolare importanza è quest'ultimo momento: se si eseguono puntualmente tutte le operazioni connesse alla fase di programmazione si dà vita a un progetto la cui validità potrà essere accertata solo al momento della sua attuazione; la misura del successo o dell'insuccesso sarà data dal livello e dal tipo di apprendimento degli allievi, dai loro comportamenti modificati, cioè dal conseguimento degli obiettivi prefissati. L'accertamento delle effettive prestazioni dell'allievo si traduce nella loro misurazione, vale a dire nella loro descrizione quantitativa; nella fase di valutazione, poi, si interpretano le informazioni raccolte confrontandole con il progetto iniziale.

La valutazione formativa che interpreta i dati raccolti attraverso le verifiche, è finalizzata alla formulazione di un giudizio di adeguatezza della proposta didattica progettata. Dal momento che per verifica si intende la rilevazione, misurazione e descrizione obiettiva dei dati ed essendo la valutazione un'interpretazione di questi ultimi, tra le due esiste un rapporto di biunivocità. Gli insegnanti hanno fatto propria la concezione di una valutazione non più semplicemente intesa come attività selettiva ed emarginante che porta alla bocciatura o alla promozione, essa è un'azione specifica del docente rivolta verso il suo stesso impegno volto a far acquisire a tutti gli allievi quei comportamenti ritenuti desiderabili e raggiungibili in sede di programmazione.

Il momento valutativo non è unico né posto al termine dell'azione di insegnamento – apprendimento, esso è inserito nella programmazione e riguarda tutte le componenti del percorso formativo. Infatti la valutazione diagnostica si rivolge ai prerequisiti degli allievi, alla loro storia personale, ma anche alla struttura organizzativa e didattica; la fase prognostica si sofferma sulla scelta degli interventi specifici per ogni bambino, miranti a fargli raggiungere determinati obiettivi delineando percorsi valutabili tratto tratto e modificabili in ragione alle esigenze di ciascuno; la valutazione sommativa è quella che caratterizza la fase finale del processo e serve sia a valutare il b. rispetto a se stesso, agli apprendimenti conseguiti, sia rispetto al livello della classe, essa è volta quindi a prendere in esame il raggiungimento degli obiettivi precisati in sede di programmazione e misurabili in termini di acquisizione di abilità e competenze. Gran parte della valutazione scolastica dovrebbe avere carattere formativo in quanto la sua funzione è quella di creare una rete fittissima di informazioni tale da determinare l'opportuna differenziazione degli interventi didattici a seconda delle necessità di ciascuno.

Il mezzo per giungere a valutare è la verifica, strumento che deve essere oggettivo e scientifico sia che si occupi di "misurare" il sapere di tipo cognitivo, sia che affronti il campo dell'affettività o quello dello sviluppo sociale. L'introduzione del concetto di misura in campo educativo ha rappresentato una svolta culturale: essa si collega ad una cultura scientifica, mentre tradizionalmente il pensiero sull'educazione faceva riferimento alla morale.

Le caratteristiche fondamentali di una misura sono la validità, cioè la sua corrispondenza con ciò che si vuole misurare e l'attendibilità e cioè la sua idoneità a misurare un dato aspetto, pur ripetendo nel tempo la misurazione.

 Il problema di una scuola che voglia essere di tutti e per ciascuno diventa quello di trovare strumenti per la misurazione. Pur non escludendo a priori e del tutto le prove scolastiche tradizionali, sebbene non proprio rigorose, maggior spazio va dato all'osservazione sistematica e a prove oggettive di profitto: la prima , assieme all'osservazione naturalistica è insostituibile soprattutto per ciò che riguarda l'apprendimento affettivo e sociale, le seconde sono specifiche per misurare conoscenze e abilità possedute dagli allievi. Le verifiche socio–affettive, utili all'insegnante anche per capire la composizione della classe, l'eventuale presenza di un leader o di gruppi, hanno come obiettivo principale la conoscenza del livello di apprendimento del convivere in modo democratico, del raggiungimento dell'autonomia di giudizio, della formazione dell'identità personale, del possesso dello spirito critico. Strumenti che possono illuminare in questo campo sono le tassonomie di Guilford e Gagnè, strutturate per obiettivi comportamentali e il sociogramma di Moreno, per esempio. Naturalmente l'osservazione sistematica dà un valido aiuto a descrivere in modo accurato ed oggettivo il "saper essere" degli allievi, attraverso la compilazione di griglie e tabelle e la loro rielaborazione attraverso i grafici.

Le verifiche riguardanti il "sapere" e il "saper fare" possono essere prove strutturate o semistrutturate, come questionari a risposta multipla, a risposta vero-falso o a risposta aperta, ma non escluderei prove informali come cronache, resoconti temi o discussioni in classe in cui comunque l'insegnante può carpire il grado di apprendimento raggiunto. Tutto ciò va posto in essere alla luce dell'obiettività, per ovviare agli indesiderati effetti alone e Pigmalione, tanto per citarne due, fonti di umiliazione e frustrazione per gli allievi e cause di abbandono scolastico, e anche riconoscendo che queste operazioni non hanno come fine la formulazione di un giudizio morale sull'allievo, ma il tentativo di rendere flessibile, adattabile e su misura degli allievi il progetto educativo dei docenti. Ecco allora che in situazioni di insuccesso del percorso di insegnamento – apprendimento diventa necessario modificare la programmazione, introdurre delle variabili affinchè i comportamenti indesiderati si estinguano, ricorrere alle tecnologie didattiche di cui l'alunno, ogni alunno, ha bisogno, scomporre il gruppo classe lavorando per gruppi o a classi aperte, ecc.

Le ricerche sull'apprendimento sono da tempo giunte a conclusione che esso produce in qualunque soggetto una modificazione osservabile del comportamento: l'allievo che ha appreso è in grado di fare qualcosa che prima non sapeva fare, cioè si comporta in modo diverso rispetto all'istante precedente l'apprendimento: ciò non solo è osservabile , ma anche verificabile. Ciò significa spostare l'accento dalla materia da insegnare ai comportamenti da apprendere, da ciò che l'insegnante vuol fare a che si vuole che l'alunno sappia fare, dall'operatività dell'insegnante all'operatività dell'allievo. Una misura reale dell'apprendimento si può avere soltanto se gli elementi di contenuto conoscitivo si traducono in abilità del soggetto che apprende, così pure le capacità, gli atteggiamenti, i valori devono essere descritti mediante comportamenti che ne sono il corrispettivo esplicito.

L'insegnante che intende la valutazione soprattutto come un accertare e un verificare allo scopo di controllare ed eventualmente correggere lo svolgimento del processo pedagogico è più aperto e disponibile alle istanze di modificazione didattica, di facilitazione, di individualizzazione, è quindi pronto a incarnare, con la sua professionalità, la forza della scuola del nuovo millennio.

 

 

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